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Carlo FRANZA

Prof. Carlo FRANZA, Storico dell’Arte, Docente nel Master Universitario “Management e Comunicazione dei Beni Culturali” allo IED di Milano, Giornalista e Critico del quotidiano “Libero” fondato da Vittorio Feltri. In occasione della Mostra “Luminarie del Mondo” presso “Centrale Ristotheatre” di Roma scrive:

“Fiamma Zagara è stata ed è un’ artista di grande sensibilità,di grande intuito, e di grande forza costruttiva, in quanto in tutto il suo percorso ha macinato idee, ha materializzato la pittura, ha innestato linearmente la sua drapperie iconica sul terreno della grande arte internazionale, lungo i binari dell’arte neofigurale con talune accensioni tra l’informale e il simbolico, ed anche quell’espressionismo capace di semplificare senza banalizzare, e destare emozioni inaspettate. Così è stato, in tal senso, con le grandi opere esposte a Palazzo Venezia a Roma, trovandosi tra gli artisti invitati alla Biennale di Venezia 2011. Mostre, confronti, presentazioni, collezioni, hanno dato ragione al suo multiforme ed eruttivo lavoro che trova oggi la cornice più adatta ad affrontare capitoli nuovi. La sua pittura è visibilmente tutta immersa nella dimensione immanente dell’esistenza, tutta annegata nei limiti vitali, psicologici e fenomenici; cresce nell’universo e da esso si alimenta. Il suo non è stato e non è solo un linguaggio nuovo, emotivo, impulsivo e caratterizzato da un’estrema espressività individuale ormai sedimentata, ma gioca la sua cornice, da un punto di vista culturale più generale, attorno a quel legame di fantasia scapigliata che volge al trasloco reale di stagioni immerse in una sorta di delirio naturalistico di sapore neopop. Pittura materica, impasto denso, esaltanti variazioni cromatiche, e via via forme di apparizioni della natura, mondi-miti che lasciano leggere il vitalismo irruento di corolle di fiori, cieli stellati, crateri che avvalorano l’immagine del Vesuvio fumante ed eruttante preso in vortice di gioco e di edonismo cromatico; tutto esalta la potenzialità estetica dei linguaggi primitivi, spontanei.

La sua pittura non è tanto uno sfogo di rabbia come per tanti rivoli dell’arte espressionista europea e americani, ma una vivace trascrizione della realtà, tanto che il segno precede il significato, e gesto e traccia sono una cosa sola,la velocità di un istante, l’urgenza espressiva, l’automatismo fisico. Lo spazio della tela diventa luogo sacro, intimo, evocando corrispondenze tra forme e significato, con segni luminosi, fulminei, spontanei, fino a sottrarre colore agli sfondi. E arrivare così a creare una sorta di ordine attraverso il disordine, facendo partecipare le forze della natura espressa tramite i suoi segni e le sue macchie, veramente armonici. Questa pittura si manifesta con forza, rapidità, rigore, duttilità; tutto aggalla dalla sua psiche satura di ricordi, sensazioni, esperienze. Con spatola, sgocciolature, tubetti spremuti, segni di grafite e colori, ogni dipinto o bild, vive gli stimoli che provengono dall’esterno, e le inquiete sensazioni interne sono tradotte con macchie, grovigli, filamenti, graffi,e talvolta schegge di foglie oro, nelle placide stesure dei cieli stellati, che giocano liberamente sulla superficie. Il colore è usato in modo strutturale, tanto che Fiamma Zagara lascia che le pennellate esprimano l’impeto trascinante del momento creativo. E tale momento è sempre sincopato da sussulti, accensioni, innervamenti, cariche, tanto che le sue ampie configurazioni cromatiche di fresca e luminosa fluidità hanno invaso lo spazio architettonico e reale, declinando un po’ tutto il suo mondo, sorvolando sì su audaci magie e immaginazioni, ma restituendo alla grande l’architettura dell’universo, il focus dell’esistenza, e il clima occidentale del secolo, giunto ormai a un’immagine compiuta.

Lo spessore costruttivo dei dipinti di Fiamma Zagara è un crescendo di materia che lascia pensare alla vulcanica creatività dell’artista che come in trance lancia, insegue, devia, arresta, prolunga, le accensioni di colore e di luce che si attorcigliano sulle tele come girandole o si distendono come piane e alimentano ancor più i rimandi al dripping americano e alla scuola di New York ma anche a tutta quella ricerca che caratterizzò l’arte statunitense fra mito, inconscio e natura. Certamente non bisognerà mai dimenticare le onnivore ricerche che dagli anni Settanta del Novecento ad oggi hanno portato Fiamma Zagara a questi risultati, pur con i dati registrati di una figurazione che punto di partenza, poi si disperde per ricompare in quest’ultimo periodo sotto traccia, come cenno e accenno, come toccata e fuga, sia fiore, sia cielo, sia vulcano. Ogni immagine concorre al circolo, e un paesaggio totale, altamente simbolico è possibile leggerlo, un paesaggio che sa di paradiso con tutte le accensioni di colore e di tonalità, e di inferno con tutte le grammature di materia e di fuoco che incendiano l’aria.

Ma non è solo tutto frutto dei contatti e delle aderenze alle idee estetiche ed ambientali che pure viaggiavano negli anni in cui la nostra artista segnava tappe decisive, l’intellettualità di Fiamma Zagara gioca un ruolo fondamentale, intellettualità che coincide con le origini napoletane, con il respiro dell’aria e della terra da cui è partita, con i colori del cielo di Napoli sua città natale e il lungo pinnacolo di fumo e lapilli del Vesuvio che la rappresenta. L’artista che oggi vive a Roma, ma ha spaziato in altre città italiane dalla Sicilia a Firenze e Venezia, innestando il suo lavoro sulle tracce dell’internazionalità espressiva più colta, non ha mai dimenticato le sue origini, anzi esse sono state parte di quel cuore nobile che spesso si avverte in tutta quella materia che cola sulle tele e si liquefa in rivoli capaci di lasciare tracce significanti, retaggi ancestrali, mondi sommersi, natura vegetante, alchimie di cieli e di terre, tracce di cose e oggetti.

Il percorso dell’artista è talmente vasto e certo, sicuro e definito da lasciare sorpresi tutti, sia gli esperti, i critici e gli storici e i mercanti del settore, che le persone più semplici, che nel suo lavoro hanno avvertito la forza e la semplicità, l’ingegno e la poesia, la ricerca e la novità, il legame con le radici e la mediterraneità come la svolta verso il postmodern e la postindustrializzazione che vuol dire resurrezione della natura, e soprattutto quel nuovo tutto proteso a un futuro che ormai ci avvolge e ci dimensiona. Un futuro che solo l’arte può capire a fondo e che spesse volte, come è già capitato nella storia, anticipa e sorprende”.